Museo casa del terrore

Museo casa del terrore

Il Museo Casa del Terrore (in ungherese Terror Háza) testimonia l’oppressione vissuta dagli ungheresi durante e dopo la guerra mondiale ad opera dei regimi nazista e comunista.

Utilizzato dai nazisti durante la guerra e successivamente dai comunisti, questo edificio era chiamato Casa della lealtà. Il primo ministro ungherese Viktor Orbán ne volle il restauro che fu ultimato nel 2002. In ogni sala di questo museo, attraverso effetti speciali di musiche e luci, sono ricreate le atmosfere cupe e angosciose che sopportarono le persone interrogate e torturate in questo edificio.

Budapest: una città storica

Inutile dire che Budapest è una città antica caratterizzata da una storia millenaria che ancora oggi si riflette nei suoi edifici, nella lingua della gente ed in mille altre sfaccettature del vivere quotidiano.

La sua esistenza, al pari di quella di molte altre grandi capitali europee, è stata spesso travagliata ed insanguinata da una lunga serie di guerre, invasioni e repressioni politiche. Gli episodi più significativi sono forse l’occupazione mongola del ‘200, quella ottomana del XVI-XVII secolo e l’imposizione del nazismo e del socialismo le cui politiche hanno causato non pochi sconvolgimenti alla tranquilla città ungherese.

Eppure questa importante capitale europea ha sempre saputo barcamenarsi tra le mille avversità storiche che il destino le ha riservato ed attualmente, pur non volendo dimenticare il corso degli eventi e quel passato burrascoso che tanto ha influito sulla sua cultura attuale, appare come una metropoli briosa e vitale in cui pace e benessere sembrano essere le parole chiave per la costruzione del futuro.

La casa del terrore: cenni storici

In questa casa monumento sono presenti testimonianze riguardanti la storia più recente dell’Ungheria, ossia il periodo temporale delimitato dall’avvento del nazismo prima e del comunismo poi.

Sita al numero 60 di viale Andrássy, ha sede all’interno di un vecchio edificio monumentale che un tempo i nazisti e quindi i comunisti decisero di rendere il loro quartiere generale. Questo grazioso palazzo costruito nel 1880 in stile neorinascimentale ha però una storia particolare.

Prima ancora dell’avvento del periodo in esame, esso venne utilizzato come sede delle Croci Frecciate, fazione dell’estrema destra ungherese e quindi come generico luogo di deportazione per dissidenti di ogni ordine e grado.

Tra queste pareti si consumarono atti di violenza che andavano dalla prigionia alla tortura, dalle esecuzioni, agli interrogatori condotti nell’assoluta mancanza di umanità.

Quando già in tutta Europa i nazisti avevano lentamente iniziato a sgomberare i campi di concentramento ed a cedere il passo a nuove correnti politiche, nel palazzo si pensò di impiantare un carcere sovietico retto da una non meno feroce polizia comunista disposta per qualche tempo persino a collaborare con l’estrema destra nella diffusione di un regime del terrore.

La struttura

Per quanto esteticamente valido e di certo pregevole dal punto di vista architettonico, su questo palazzo sembra gravitare un’aurea vagamente sinistra. I muretti esterni, ad esempio, sono tappezzati dalle foto di vittime ed ostaggi che qui vissero la loro agonia o che trovarono la morte, mentre sul cornicione del palazzo troneggia l’inquietante scritta “Terror“, leggibile però nella forma corretta soltanto dall’alto in quanto le lettere sono state appositamente disposte secondo un ordine inverso.

Una volta entrati nel palazzo, due grandi pareti di granito colorato ricordano, senza operare distinzioni di sorta tra i due avversi regimi presi qui in considerazione,  i nomi ed i volti dei perseguitati politici che qui vissero le loro ultime ore. Nelle varie sale della struttura poi viene custodito un carro armato sovietico T54 utilizzato nel corso della rivoluzione ungherese per sedare le proteste popolari mirate ad ottenere l’indipendenza dall’opprimente regime socialista sovietico. Anche in questo caso le pareti nere della stanza sono tappezzate dalle foto delle vittime dei regimi totalitari succedutisi a Budapest.

In altre camere invece si dipana una sorta di percorso cronologico ben preciso. Il senso di angoscia che a questo punto accompagna il visitatore viene sottolineato ed amplificato da luci e musiche sinistre.

Fanno poi lentamente capolino da questi luoghi storie di rastrellamenti e deportazioni nonché le vicende di uomini le cui vite sono state determinate da processi iniqui e da disumane prigionie culminanti in liberatorie esecuzioni. Nei sotterranei, in cui campeggiano varie gigantografie di alcuni tra i più feroci aguzzini qui operativi, è possibile visitare celle di prigionia e sale di tortura che sembrano ancora risuonare dei lamenti e delle urla delle vittime.

Attraverso un ascensore dalle vetrate trasparenti e guidati dalla voce volutamente sgradevole e disarmonica di una guida virtuale quindi si viene lentamente condotti in un dedalo di cellette inospitali, striminzite, sporche ed, ironia della sorte, aventi sbocco proprio sulla strada principale che costeggia il palazzo.

Il senso di un museo del terrore

Il senso di questo museo? Di certo non è quello di fare mera dietrologia o di criticare una corrente politica piuttosto che un’altra.

L’idea di fondo è quella di eguagliare semmai le vittime tanto di un regime quanto dell’altro restituendogli voce e dignità, di porre l’accento sulle grandi tragedie della storia derivanti da fama di denaro e potere, dall’assenza assoluta di umanità, dall’omertà e dall’assenza di coscienza.

Il senso di una struttura così allestita è ricordare a chiunque metta piede in questo posto che la storia si costruisce giorno dopo giorno, scelta dopo scelta e che tutti gli uomini, aguzzini compresi, possono diventarne vittime.


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